Clima e MOSE nel destino di Venezia
Il Gazzettino 15 dicembre 2024
Non sottovalutiamo il presente: le azioni che compiamo oggi sono cruciali per affrontare i cambiamenti climatici. Ma non sopravvalutiamo il futuro al punto da paralizzarci: le sfide che ci attendono possono essere affrontate con determinazione, se iniziamo ad agire ora. Negli ultimi giorni, a valle della conferenza UNFCCC-COP 29 a Baku dedicata ai cambiamenti climatici, alcuni commenti hanno evidenziato prospettive particolarmente pessimistiche riguardo al futuro di Venezia entro la fine del secolo, a causa dell’aumento del livello del mare.
Pur senza tener conto dell’eventualità di processi di cui non abbiamo ancora piena conoscenza (deep uncertainty, nel linguaggio di IPCC), l’innalzamento del livello del mare nelle prossime decadi è una certezza. In relazione agli scenari emissivi possibili, ovvero se saremo in grado – o meno – di limitare le emissioni in atmosfera di gas clima-alteranti, la velocità di questo innalzamento subirà variazioni.
Questo scenario suggerisce e dovrebbe rendere imprescindibili le scelte di decarbonizzazione dell’economia, come ribadito anche nella riduzione di emissioni affrontata alla COP29. Il futuro di fine secolo non è già scritto e molto dipende dal comportamento che le nostre società, a partire da oggi, saranno in grado di adottare.
In altre parole, ciò che accadrà entro il 2050 riguardo all’SLM è già noto, con poche incertezze.
In questo contesto risulta impossibile considerare “definitiva” qualsiasi misura di adattamento all’SLM che i governi e le società di ogni Paese dovranno adottare. Esse devono riguardare non solo gli allagamenti, ma anche l’erosione della costa e l’intrusione di acqua salata che provoca danni all’agricoltura e alla disponibilità di acqua potabile.
Ogni discorso serio su Venezia deve identificare due momenti dirimenti: dal 3 ottobre 2020, grazie alle barriere di acciaio del MOSE, Venezia non è più allagata e dal 21 novembre 2022 i marmi di S. Marco non vengono più lambiti dall’acqua salata, nemmeno dalle frequenti maree medio-alte, grazie al sistema innovativo di barriere di vetro trasparente a protezione del fronte Basilica.
Il risultato non era affatto scontato, il percorso è stato forse troppo lungo, ma oggi “Venezia è salva”.
Tutto questo è “provvisorio”? Certamente, come ogni realizzazione di questa incredibile città costruita in un ambiente di transizione come una laguna. Non c’è niente di più sbagliato che considerare Venezia e la sua laguna come città e un luogo immutabili nel tempo.
Perché stupirsi allora che il MOSE sia “provvisorio”? Come altri strumenti adottati nel percorso millenario di Venezia, è utile a “comprare tempo”, soddisfare la principale condizione necessaria perché la città rimanga viva e vitale.
Il veneziano e celebre prof. Andrea Rinaldo parla di 75 anni “comprati”: sono tre generazioni, non è un tempo breve, e certamente non va sprecato.
Rispetto a questi prossimi 75 anni, Venezia sarà il sito UNESCO e la città più sicura rispetto ai circa 40 siti UNESCO a rischio nel Mediterraneo per l’innalzamento del livello marino, e rispetto a molte altre città costiere nel mondo.
Le ingiurie subite dal suo patrimonio culturale in passato, a causa delle frequenti inondazioni — drammaticamente rappresentate dai marmi della Basilica di San Marco, sgretolati dall’azione dell’acqua salata — non si ripeteranno più. Al contrario, la protezione finalmente ottenuta ha reso possibile l’avvio immediato di importanti interventi di restauro, alcuni dei quali già completati.
Venire per credere.
Peraltro, il fatto pur rilevante della acquisita protezione dalle acque alte non implica che tutti gli obiettivi della legge speciale del 1973 siano stati raggiunti. È necessario proseguire il “restauro ecologico” della laguna, continuano a essere indispensabili interventi di manutenzione e restauro urbano, oltre all’urgenza di “assicurare la vitalità socio-economica”, come recita l’articolo 1 della legge citata.
In questo quadro, l’impegno della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità (VSF) intende coinvolgere non solo le istituzioni pubbliche, ma anche attori privati, che possano concorrere, con le loro attività, alla vitalità socioeconomica che la Fondazione vuole promuovere, facilitare e catalizzare. Bisogna agire immediatamente, come sottolineato dal prof. Paolo Costa, per evitare la contraddizione di aver salvato l’urbs e condannato a morte la civitas.
Guardiamo al futuro. Ha perfettamente ragione il Andrea Rinaldo quando chiede maggior attenzione sul tema. E’ sempre stato esplicito nel progetto MOSE che lo schema concettuale del suo funzionamento “mobile” era valevole sino a quando il livello del mare si sarebbe alzato di circa 50-60 cm rispetto a quota di riferimento (del 1900). Le conoscenze del tempo portavano a stimare che tale livello si sarebbe raggiunto dopo almeno cento anni; l’accelerazione dei fenomeni globali, dovuta all’enorme aumento dell’immissione in atmosfera dei gas clima-alteranti, riduce oggi tale stima, tuttora affetta da incertezza. Si tratta comunque di qualche decade.
Oltre tale data, tuttavia, non sussiste un “pericolo di sommersione” per Venezia: le barriere attuali sono in grado di mantenere un dislivello di 2 metri tra mare e laguna. Piuttosto, emerge con chiarezza la necessità di rivedere, nel futuro, la modalità di protezione. Paradossalmente, la nuova soluzione di protezione potrebbe essere addirittura più semplice di quella attuale, ma richiederà l’eliminazione di alcuni vincoli (paesaggistici, economici, ambientali).
Con il MOSE abbiamo “guadagnato tempo”. Ottima l’idea del prof. Andrea Rinaldo di creare sette gruppi di studio di alta qualifica internazionale che esaminino il tema e propongano nuove soluzioni per il prossimo secolo. Accolgo e rilancio questa proposta, che può trovare il proprio spazio ideale nella sinergia tra ISVLA e VSF.
Oggi abbiamo il dovere di non sprecare il tempo guadagnato: dobbiamo progettare e predisporre sin da ora le azioni che dovranno essere realizzate nella seconda metà di questo secolo secolo.
Venezia è consapevole dei progressi fatti, pur riconoscendo le lentezze e gli errori, e vanta un know-how avanzato in diversi ambiti, dalle tecnologie di alta ingegneria alle soluzioni basate sulla natura. I centri di ricerca della città, inclusa l’istituzione recente sui cambiamenti climatici, insieme alle Università, costituiscono un patrimonio di eccellenza internazionale. Grazie alle alleanze con partner globali (UK, Olanda, USA, Australia, Giappone), Venezia ha il potenziale per diventare l’hub mondiale per la progettazione di soluzioni contro l’innalzamento del livello del mare. Una Venezia capace di garantire la propria sicurezza per le prossime tre generazioni, continuando così a salvare se stessa, offrendo un modello per il mondo intero.
Renato Brunetta
Presidente della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità.