Il presidente della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità / Venice Sustainability Foundation (VSF) è intervenuto oggi sul quotidiano La Stampa offrendo una riflessione sull’evoluzione storica e moderna della città di Venezia come modello di resilienza e innovazione. Dall’epoca della Serenissima all’implementazione del sistema di opere complesse Mose, Venezia ha mostrato al mondo una via di convivenza tra tradizione e modernità.
Con il supporto della Fondazione, il territorio oggi si prepara ad affrontare una nuova fase con prospettive legate alla sostenibilità. Un modo di guardare al futuro con la consapevolezza di affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici.
Venezia città del futuro
Non è un caso che Venezia sia tornata ad apparire nelle pagine dei quotidiani nazionali mentre il mondo, sconvolto da guerre antiche e da nuove catastrofi, si sta interrogando su come dovrà essere la transizione verso il futuro anche per i cambiamenti climatici, ormai innegabili.
Perché non ricordare allora la storia millenaria di Venezia, città “impossibile” costruita in una laguna, ecologicamente “ambiente di transizione” e, per molti secoli, città modello di cultura, arte e innovazione per il mondo intero?
L’esperienza storica di Venezia è sempre stata rivolta al futuro e mai al passato. Come nel quadro del “Mondo Novo” del veneziano Giandomenico Tiepolo (1791), dove i personaggi sono visti di spalle, mentre guardano verso qualcosa che ancora non si palesa.
Venezia ha sempre incarnato modernità e innovazione: già nel Medioevo Dante, descrive con meraviglia, nel canto XXI dell’Inferno, l’Arsenale di Venezia, il più grande cantiere navale d’Europa, organizzato come una fabbrica fordista ante litteram.
Modernità nella tecnologia e nella scienza, sostenute da una governance illuminata: ogni elenco risulterebbe incompleto, ma menzionerebbe Galileo Galilei, fisico e astronomo dell’università di Padova, che a Venezia nel 1609 sperimentò il suo canocchiale dalle prestazioni superiori grazie a lenti fabbricate con il vetro di Murano, con le quali si traguardarono eccezionali scoperte destinate a rivoluzionare la tradizionale visione del cosmo, pubblicate nel Sidereus Nuncius a Venezia nel 1610. Anche i libri contribuirono a rendere Venezia capitale della cultura europea: dopo l’invenzione di Gutenberg della stampa a caratteri mobili (1455), nel 1469 la Repubblica autorizzò due giovani tedeschi all’ars imprimendi libros. Nel 1500 a Venezia si stampava la metà dei libri pubblicati in tutta Europa, anche grazie al talento di Aldo Manuzio, primo editore moderno, che trasformò il libro in un mezzo culturale e sociale, inventore del carattere corsivo e della punteggiatura, come oggi la utilizziamo.
La modernità della governance veneziana trova una straordinaria testimonianza nella visita del 1786 di alcuni dei padri fondatori della costituzione americana: Thomas Moore, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson. Giunti a Venezia per studiare il suo avanzato corpus giuridico e trarne ispirazione, i tre illustri ospiti mostrarono ammirazione per le strutture politiche della Serenissima. In particolare, Benjamin Franklin, noto non solo come costituzionalista ma anche come scienziato, lasciò alla città un segno tangibile del proprio passaggio: il primo parafulmine, che installò sul campanile di San Marco
Dopo la caduta della Repubblica, nel 1797 seguì un periodo di declino il cui termine è simboleggiato dalla costruzione del ponte translagunare (1846). Quel ponte, che permise l’arrivo non solo del treno, ma anche della rivoluzione industriale, avviò trasformazioni urbanistiche ed economiche. Venezia ebbe un acquedotto ed un sistema di pubblica illuminazione prima di Milano.
La seconda rivoluzione industriale vide Venezia come protagonista, sorgendo a Porto Marghera la prima zona industriale d’Italia, grazie al porto, che consentiva l’arrivo delle materie prime, e alla vicinanza con le sorgenti idroelettriche.
La convenzione per la costruzione del nuovo porto e di un nuovo quartiere residenziale fu firmata il 23 luglio 1917 dal presidente del Consiglio Paolo Boselli, alla presenza del sindaco di Venezia, Filippo Grimani, e di Giuseppe Volpi, presidente della Società Adriatica dell’Elettricità (SADE), fondata nel 1905.
Da quel momento, il polo industriale di Marghera ha conosciuto intense fasi di sviluppo e profonde trasformazioni, all’insegna della modernità e dell’innovazione. Le prime realtà manifatturiere si specializzarono nell’industria pesante e di base. Tra i settori rilevanti si annoverano quello metallurgico, in particolare alluminio, semilavorati in leghe ferrose e zinco, e quello chimico, con una vasta gamma di prodotti, tra cui materie prime indispensabili per ulteriori processi produttivi. Ma il modello “volpiano” non è solo industrialista, perché nel 1932 si completa con l’idea della Mostra del Cinema al Lido di Venezia: la nuova industria culturale del secolo.
Nel secondo dopoguerra, il progressivo ampliamento del comparto petrolchimico beneficiò delle sopraggiunte innovazioni tecnologiche, quali il “Moplen”, capostipite di prodotti resistenti, economici e di larghissimo uso, grazie alla scoperta del polipropilene isotattico da parte di Giulio Natta, per questo premiato dal Nobel per la chimica nel 1963. Nel 1965, in pieno boom economico, Porto Marghera registrò il massimo storico di occupati, impiegando 32.980 addetti.
Ancora oggi, tra aree portuali e impianti industriali, il polo di Marghera si estende su 2.109 ettari, confermandosi una delle più grandi zone industriali costiere d’Europa. Rispetto al secolo scorso, la struttura economica è profondamente cambiata: l’industria pesante ha lasciato spazio a nuove attività di manifattura leggera sostenibile e a funzioni logistiche avanzate, a servizio dell’intera regione veneta. Questo polo sfrutta ora in modo moderno il porto, la cui centralità fu determinante per i successi della Serenissima. Oggi a Marghera operano oltre 880 aziende, con più di 11.000 addetti.
Ma alle “date chiave” della storia di Venezia, alcune delle quali sopra ricordate, nel XXI secolo dobbiamo oggi aggiungerne un’altra: quella del 3 ottobre del 2020. La mattina di quel giorno, per la prima volta, l’innalzamento delle barriere mobili del MOSE separò le acque della laguna da quelle del mare, evitando l’allagamento della città. Fu davvero un evento epocale: le 78 paratoie, che realizzano la più grande diga mobile del mondo lunga 1,6 km, da quel giorno si sono alzate per più di 90 volte.
L’immagine triste e drammatica di una città piegata, colpita nelle sue ricchezze più preziose, dove era impossibile muoversi e lavorare, non esiste più. I lavori in corso di completamento cancelleranno ogni opportunità di foto della Piazza san Marco allagata. La Basilica di S. Marco, già dal novembre 2022, è protetta da una barriera di vetro che impedisce il contatto deleterio dei marmi con l’acqua salata, permettendo l’avvio di consistenti lavori di restauro.
Grazie al sistema MOSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico), e ad altri interventi complementari, la protezione di Venezia apre oggi la strada a una nuova fase. Venezia potrà assumere di nuovo il ruolo centrale che aveva nel primo millennio, con una storia rinnovata e diversa: un ruolo nuovo perché la vede agire all’interno di una area urbana funzionale che si estende su almeno altri 15 comuni, formando quella città metropolitana di almeno un milione di fruitori, parzialmente corrispondente a quella della Città Metropolitana. Un ruolo, quello della Venezia storica, reso possibile da una sua protezione dal mare con il MOSE, che si dimostra una soluzione a un problema che riguarda tutte, o quasi, le città costiere del pianeta: la salita del livello del mare.
Per i prossimi cento anni, Venezia sarà la città costiera più sicura al mondo!
Questo elemento fattuale chiude ogni polemica sulla bontà delle scelte operate dai diversi Governi, di vari colori politici, che si sono succeduti dal 1973, anno della prima Lege speciale per Venezia. Il MOSE, frutto dell’ingegno di due generazioni di progettisti e della volontà di una intera nazione, non risolve per sempre tutti i problemi di Venezia, ma fornisce il tempo per ricercare ed implementare le soluzioni ai problemi rimanenti.
Alcune soluzioni devono essere immediate, riguardando la rigenerazione della vita socioeconomica della Venezia storica che deve ridefinire le proprie funzioni all’interno dell’area urbana funzionale metropolitana. Funzioni che dovranno, prima di tutto, consentire di riequilibrare il “successo” dell’attrazione turistica che Venezia storica esercita sul mondo intero.
Altre sfide saranno future: prima fra tutte quella per affrontare l’innalzamento del mare di 50 cm rispetto all’attuale livello. La Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità (VSF), che il Presidente Draghi mi ha incaricato di presiedere e che ha come vicepresidenti il Sindaco di Venezia Brugnaro e il Presidente della Regione del Veneto Zaia, è stata istituita nel 2022 proprio con l’obiettivo di utilizzare “bene” il tempo reso disponibile dal MOSE. Anch’essa rappresenta un modello innovativo di partnership pubblico-privato, composta da attori istituzionali, quali Il Comune di Venezia, la Regione del Veneto, le Università e gli Enti pubblici di ricerca, oltre a rilevanti Fondazioni, Istituti storici e grandi aziende nazionali ed internazionali. I 47 soci della Fondazione sono uniti dal filo rosso della “sostenibilità” e dall’impegno ad agire per il futuro di Venezia. Permettetemi qui alcuni esempi concreti.
La Fondazione VSF, assieme ai propri Soci, conduce ricerche nei settori avanzati dello Spazio e dell’Idrogeno, creando opportunità di incontro per le industrie del Nord-Est. Il mondo della finanza è interessato a sviluppare nuove forme di investimenti sostenibili e sta lavorando con noi per trovare soluzioni concrete (green bond).
Il mix di diverse fonti energetiche, l’uso crescente del vettore idrogeno, l’elettrificazione di funzioni industriali e urbane sono gli elementi essenziali alla decarbonizzazione. I cambiamenti climatici in atto impongono scelte coraggiose e rapide. A Marghera si sta ampliando il Polo dell’Idrogeno, con ingenti investimenti spinti dal Comune di Venezia che ha acquisito 90 autobus ad idrogeno e per alimentarli Eni realizzerà uno dei distributori più grandi d’Europa, con annesso impianto di produzione.
Le recenti polemiche sollevate riguardo alla generazione di energia elettrica da fonte nucleare hanno toni e argomenti che appartengono al passato, mentre gli sviluppi scientifico-tecnologici hanno già condotto il dibattito a un altro livello. Proprio a Marghera sono prodotti i componenti meccanici necessari ai magneti per le macchine di fusione nucleare, che è la prospettiva più pulita in assoluto. Qualche km più in là, a Padova, il CNR, l’ENEA e l’Università collaborano nel Consorzio RFX alla realizzazione del proto-reattore a fusione ITER. Abbiamo una lunga storia che ci insegna, impariamo dagli errori ed è evidente che nessuna installazione a Marghera avverrà senza assicurare sicurezza e sostenibilità.
La transizione ambientale ed energetica in atto richiede un notevole supporto culturale e scientifico: proprio per questo il modello di intelligenza di Venezia va condiviso con il mondo.
Recentemente abbiamo incontrato gli esponenti del World Heritage Centre dell’UNESCO.
Una narrazione negativa sui destini della città, animata dal solo scopo di interrompere le opere di salvaguardia in corso, aveva prodotto negli scorsi anni dubbi, timori, che raggiunsero il culmine in una visita UNESCO nel gennaio 2020, solo due mesi dopo il terribile evento alluvionale del 12 novembre 2019.
Allora Venezia era una città ferita, nel corpo e nello spirito.
La situazione è oggi totalmente diversa: dal 3 ottobre 2020, tutto è cambiato. Con il World Heritage Centre di UNESCO Venezia collaborerà, per rendere sempre migliore la gestione di questo sito ma, soprattutto, per raccontare al mondo come è stato possibile risollevarsi, portando modernità ed innovazione nella tutela del patrimonio culturale e ambientale.
Le misure attuate dal Comune di Venezia promuovono un approccio quantitativo e pragmatico alla gestione dei flussi turistici: il centro storico di Venezia accoglie in media ogni giorno circa 230 mila fruitori, meno della metà dei quali visitatori turistici, a testimonianza del ruolo centrale urbano che Venezia “di giorno” continua a svolgere.
Analisi che la Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità sta realizzando e di certo interesse per tutte le città d’arte. Su queste analisi si potranno fondare le misure capaci di contrastare l’effetto indesiderato che l’esposizione come “sito del patrimonio mondiale” sta portando, anche in altri siti soggetti all’overtourism.
Nel solo Mediterraneo oltre 40 siti del patrimonio mondiale sono a rischio per la risalita del livello del mare. Il “know how” relativo alle diverse misure di adattamento e protezione, incluso il MOSE, costituiscono un valore che può e deve essere condiviso. VSF lo dichiarerà nuovamente a Baku, in occasione della COP29, e continuerà a farlo attraverso le reti internazionali nelle quali i nostri esperti di elevata caratura scientifica sono già attivamente presenti.
Un esempio significativo è la collaborazione con l’Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione dei Rischi di Disastri (UNDRR) nella campagna “Making cities resilient”. Venezia è stata nominata lo scorso anno “Resilience Hub”, una delle 30 città su oltre 4300 che aderiscono nel mondo, con il compito particolare di condivisione delle conoscenze e delle esperienze per la tutela del Patrimonio culturale.
Il grande ingegnere Cristoforo Sabbadino a metà del 1500 identificava i nemici di Venezia ne “i fiumi, il mare e gli homeni”. Sabbadino, che “inventa” la laguna moderna sottraendola al destino di inesorabile interramento, iniziò la difesa della città deviando i corsi dei fiumi fuori dalla laguna. Oggi il MOSE ne ha completato la difesa dal mare.
A discapito degli ultimi nemici, ahimè sempre presenti, Venezia è oggi il vero luogo di un nuovo Rinascimento!
Le Università veneziane già attraggono ricercatori e studenti internazionali, attivando nuovi percorsi accademici: il progetto “Venezia Città Campus”, mira al raddoppio della popolazione studentesca e di ricercatori. Il lavoro della Fondazione VSF si intreccia con quello di altri Enti e Fondazioni, vecchie e nuove, in una rete di floride attività culturali che a Venezia negli ultimi anni si è enormemente ampliata, con un numero di eventi che supera quelli di Parigi. Infatti, da un lato gli attori “storici” (La Biennale, Fondazione Cini, la Fenice, i Musei Civici, Querini Stampalia, Guggenheim) hanno saputo rinnovarsi ed ampliarsi negli spazi e nell’offerta, dall’altro ad essi negli ultimi anni si sono affiancate nuove importanti Fondazioni (Pinault, Prada, Willmotte, Vedova, Pentagram Stiftung, Berggruen ed altre) ricche di attività, capaci di portare da tutto il mondo nuovi stimoli nei campi della cultura e dell’arte.
Ritornando alla Storia poco sopra ricordata, si sta attuando in questo nuovo Rinascimento a Venezia un modello “neo-volpiano”, in cui le espressioni più aggiornate della cultura dialogano con quelle più avanzate della tecnologia e dell’industria, attraendo nuovo capitale umano, mescolando esperienze e idee.
Se fino a poco fa era il mondo che voleva salvare una “Venezia in pericolo”, ora è una “Venezia sicura” che vuole essere esempio per il mondo. Una Venezia che si è salvata dal mare e che oggi vuole mostrare come si possano gestire per il meglio anche le onde dell’overtourism. Così facendo, provvederà al proprio rinnovamento ed alla salvezza della propria civitas (la sua gente, ingegno e capitale umano), dopo aver realizzato in modo straordinario la salvezza dell’urbs (i suoi monumenti e la sua cultura).
Venezia, la più antica città del futuro.